Nasce nel 1957 a Santa Croce di Magliano, ove attualmente vive e lavora.
Artista e architetto si è formato negli anni Ottanta a Roma, dove ha avuto modo di assistere alle lezioni universitarie di Filiberto Menna, attento indagatore dei sistemi linguistici dell’arte contemporanea.
Fin dagli esordi la ricerca di Mascia si è indirizzata verso l’arte non figurativa, sulla scia di una naturale inclinazione per gli esiti del neoplasticismo olandese, delle Avanguardie russe, dell’arte concettuale e del Concretismo. Nel suo percorso, l’artista ha sentito spesso l’esigenza di confrontarsi con vari maestri dell’arte contemporanea e, in particolare, con Lucio Fontana, a cui ha dedicato un ciclo di opere. Il contatto con l’ambiente milanese, soprattutto con la Galleria Arte Struktura diretta da Anna Canali, ha favorito l’adesione al movimento Madì nel 1996, ed è proprio all’interno della galleria milanese, sede espositiva italiana del Madì, che nelle sue opere si è realizzata quella sintesi complessa tra istanza culturale del movimento, nato a Buenos Aires cinquanta anni prima, e la personale aspirazione a un’arte in grado di produrre oggetti con un’identità propria e indipendente dall’interpretazione mimetica o simbolica della realtà, oggetti estroflessi, articolati con incastri e geometrie insolite.
Numerosissime le personali e le collettive che hanno visto Mascia presente non solo nel territorio italiano (dal 1981 Vincenzo Mascia ha esposto a Santa Croce di Magliano, Campobasso, Termoli, Bologna, Bari, Milano, Avellino, Trieste, Roma, Sanremo, Napoli, Taranto, Mantova, Forlì, Verona, Sassari, Venezia, Bergamo, Biella, Reggio Calabria, Padova, Brescia, Caserta, Trapani, Isernia, Palermo etc.), ma anche all’estero (Francia: Parigi, Maubege, Blayn, Montigny, Carros, Cholet; Slovacchia: Bratislava; Ungheria: Gyor, Budapest; Germania: Solingen; Olanda: Gorinchem, Plasmolem; Russia: Mosca; Argentina: Buenos Aires, La Plata; USA: Dallas; Libia: Tripoli; India: Mombay; Australia: Sydney; Svezia: Sarvisvaara).
Segni cercati volta per volta e articolati nei rapporti di incontro – scontro, di concavo – convesso, di positivo – negativo, dove un sottile rapporto di bianco su bianco, indica una vibrazione di luce, a volte contrastata da un forte colore primario che attira a sé il movimento direzionale della composizione. La superficie neutra, o pausa del fondo, non intende avere un diretto rapporto con i segni che le sono sopra, ma più precisamente stabilire un intervallo allusivo di realtà esterna, continua, affinché il quadro non si chiuda in una cornice delimitante, ma si possa espandere allo spazio reale, esterno. Si noti il continuo appoggio dei segni ai margine del quadro da cui hanno inizio. Manca nei suoi quadri un qualsiasi accenno a un centro, o convergenza tridimensionale prospettica, in cui i segni si relazionano tra di loro. Rimane solo un colloquio di attrazione e repulsione dei singoli elementi autonomi. Lo spazio non vuole essere un infinito visivo, ma un infinito di forze in continuo equilibrio. Mascia adopera una tecnica che richiede una regia esterna sui “patterns visivi”, e proprio per questa ragione, una fattura articolata, attenta e tesa dei segni è quanto mai importante, i quali segni, essendo unici e protagonisti, valgono per la loro nitidezza e dichiarata precisione. Una ricerca elementare ma difficile, estremamente mentale, dove si gioca tutto con il rischio di perdere. Ma proprio per questo il suo lavoro merita incoraggiamento, affinché possa continuare e progredire nella direzione della qualità, della purezza dei segni e della civiltà del linguaggio.